Tanti anni fa ascoltavo una trasmissione di divulgazione letteraria, “Circolo Pickwick” in cui Alessandro Baricco spiegava il senso delle interminabili descrizioni che a volta incontriamo nei libri.
Se, ad esempio, per raccontare un banchetto, l’autore del testo letterario utilizza una facciata intera con la minuziosa descrizione dei diversi tipi di cibo (di cui, normalmente, al lettore non interessa un bel nulla, anzi gli provoca in genere una grande noia), lo fa per “preparare” il lettore a quello che verrà, per dare il senso di una cosa lunga che è successa, per generare aspettativa, … insomma lo fa per “utilizzare il tempo del lettore”, con tutto ciò che questo può comportare.
Mi è piaciuta molto quella puntata del “Circolo Pickwick” perché mi ha dato uno strumento di interpretazione di una cosa altrimenti, per me, senza senso: parole e parole che famosi autori mettevano nei loro testi senza che mi dessero alcuna emozione, se non, appunto, noia.
Ora sopporto con altro spirito le lunghe descrizioni nei libri e i minuti di pellicola “inutili” (ricordo fra tutti quelli che precedono il match nel primo Rocky, film del 1976: proprio per far aumentare l’aspettativa dopo tanti momenti in cui si era descritto altro).
Racconto questo episodi perché i libri di Umberto Eco sono esattamente il contrario delle spiegazioni di Baricco.
Innanzitutto perché i libri di Eco non sono un’opera divulgativa, ma un’opera artistica.
Eppoi perché sono piene zeppe di citazioni in latino, inglese, tedesco, ebraico,… sempre senza traduzione, lasciate lì – nel testo – alla mercé del tempo per trovarne la traduzione ed il senso del lettore stesso.
Una vera sfida, a volte, che ha portato alcune persone (penso a mio zio Vincenzo) ad odiare l’autore, Eco, appunto.
Non so perché lo facesse.
Mi piace pensare che una persona di una cultura sconfinata come il professor Eco, lo trovasse “naturale”.
Come “naturale” era per Umberto Eco impicciarsi di politica e cosa pubblica: ricordo quando propose il boicottaggio della pasta cunegonda, tanti anni fa, di fronte ad un Berlusconi che pareva pericoloso uomo solo al comando.
Diceva allora:
A nuove forme di governo, nuove forme di risposta politica. Questa sì che sarebbe opposizione.
Vediamo quanti italiani si sentono di farla. Altrimenti la smettano di lamentarsi, e si tengano il monopolio dell’informazione.
Ieri Umberto Eco è morto, e non posso che manifestare, con queste righe, la mia tristezza vesto questo lutto.
Lo vorrei ancora fra noi a pungolare, spiegare, dibattere.
Invece non lo sarà più.
Ed a me resta questa tristezza.